domenica 26 dicembre 2010

Placebo senza inganno e sindrome del colon irritabile

Pubblicato su PLOS di dicembre
Il placebo funziona anche senza inganno.
Studio su pazienti affetti da sindrome del colon irritabile.

Il placebo è tipicamente utilizzato negli studi clinici come controllo per testare potenziali nuovi farmaci. In queste ricerche i pazienti vengono divisi in due gruppi (farmaco vs placebo) e i dati analizzati per valutare se l'effetto farmacologico sia superiore a quello del placebo. Spesso i dati rilevano una risposta terapeutica anche in chi assume pillole che non contengono principi attivi.  I dati sul placebo sono talmente convincenti che molti medici (uno studio stima il 50% negli stati uniti) somministrano segretamente placebo a pazienti ignari.
Poiché tale "inganno" è eticamente discutibile, Ted Kaptchuk e collaboratori, hanno valutato il potere del placebo in modo onesto e rispettoso. I ricercatori, appartenenti all’Osher Research Center Researchers dell’Harvard Medical School e al Beth Israel Deaconess Medical Center, hanno studiato 80 pazienti affetti da sindrome del colon irritabile, suddividendoli in due gruppi. Un gruppo che fungeva da controllo non ha ricevuto alcun farmaco, l'altro ha ricevuto consapevolmente  placebo. Kaptchuk nell'illustrare le modalità dello studio afferma “Non solo abbiamo chiarito in modo inequivocabile che le pillole erano compresse di zucchero senza principio attivo, ma abbiamo anche scritto ‘placebo’ sulle etichette”. I pazienti sono stati monitorati per 3 settimane. Al termine del periodo di osservazione quasi il doppio dei pazienti trattati con placebo ha mostrato un notevole miglioramento dei sintomi rispetto al gruppo di controllo (59% vs 35%). Inoltre, su altri parametri clinici, i tassi di miglioramento sono stati paragonabili a quelli ottenuti con i più potenti farmaci contro il colon irritabile.
Gli autori avvertono che questo studio apre semplicemente la porta alla nozione che il placebo è efficace anche in paziente pienamente informati. Pur essendo necessari studi più ampi, questi risultati suggeriscono che i trattamenti con placebo anche quando sono somministrati senza nascondersi e con una logica plausibile dei potenziali effetti, possono produrre una risposta benefica.

Placebos without Deception: A Randomized Controlled Trial in Irritable Bowel Syndrome
Kaptchuk TJ et al. PLoS ONE 5(12): e15591.

domenica 19 dicembre 2010

Mortalità e morbilità

Una maggiore aspettativa di vita non è accompagnata da più anni vissuti in salute

Lo rivela una nuova ricerca pubblicata sul numero di dicembre del Journal of Gerontology
Spendiamo più tempo da malati rispetto ad un decennio fa

Dal 1970 al 2005 la probabilità di un sessantacinquenne di sopravvivere fino all'età di 85 anni è raddoppiata, passando dal 20% del 1970 al 40% del 2005. Molti ricercatori presumono che le stesse ragioni che permettono alle persone di vivere più a lungo, comportamenti salutistici e progressi in campo medico possano allo stesso tempo ritardare l’insorgenza di malattie consentendo di spendere meno anni di vita con una malattia debilitante. Questa nuova ricerca condotta da Eileen Crimmins, Gerontologa presso la University of Southern California,  dimostra che il periodo medio di vita trascorso con malattie serie o debilitanti è aumentato negli ultimi dieci anni.
Secondo i dati della ricercatrice la possibilità di vita in salute di un ventenne di oggi si è ridotta di un anno rispetto ad  un coetaneo di un decennio fa, anche se l'aspettativa di vita è cresciuta.
"Abbiamo sempre dato per scontato che ogni nuova generazione fosse più sana e longeva di quella precedente" ha spiegato Crimmins, "tuttavia, la compressione della morbilità può essere illusoria quanto l'immortalità."
Un maschio di 20 anni nel 1998 poteva aspettarsi di vivere altri 45 anni senza almeno una delle principali cause di morte: malattie cardiovascolari, cancro e diabete. Il numero di anni è sceso a 43,8 anni nel 2006, con la perdita di più di un anno. Per le giovani donne giovani l’aspettativa di vita senza malattie gravi è scesa da 49,2 anni a 48 anni, negli ultimi dieci anni.
“Ci sono prove sostanziali che abbiamo fatto poco per eliminare o ritardare l’insorgenza delle malattie, mentre abbiamo ridotto la morte per malattie” ha spiegato Crimmins “ allo stesso tempo c’è stato un aumento significativo dell’incidenza di certe malattie croniche, specialmente il diabete”. Dal 1998 al 2006 è aumentata inoltre la prevalenza delle malattie cardiovascolari fra gli uomini, del cancro in entrambi i sessi e del diabete dai 30 anni in poi. Inoltre è aumentata la percentuale di popolazione affetta da più di una patologia.
“I problemi crescenti legati all’obesità, ipertensione e ipercolesterolemia sono le prove concrete che la salute umana non migliora attraverso le generazioni” ribadisce la Crimmins,  “non sembra che ci si stia muovendo verso un mondo dove arriviamo alla fine della vita senza provare un periodo significativo di malattia, perdita di funzionalità o disabilità”.


References:
Crimmins and Beltrán-Sánchez. "Mortality and Morbidity Trends: Is There Compression of Morbidity?" J Gerontol B Psychol Sci Soc Sci (2011) 66B (1): 75-86.

mercoledì 15 dicembre 2010

Immaginare di mangiare, un sostituto per l'esperienza reale?

Uno studio condotto da ricercatori della Carnegie Mellon University di Pittsburgh e pubblicato sulla rivista Science mostra che immaginare di mangiare un determinato cibo riduce il consumo effettivo di quel cibo. Questa scoperta capovolge ipotesi vecchie di decenni per le quali il pensare a qualcosa di desiderabile era la miccia che ne faceva aumentare il consumo.
Secondo gli autori cercare di sopprimere il pensiero di qualcosa che si desidera, nella speranza di diminuirne la voglia, è una strategia fondamentalmente sbagliata. Al contrario, pensare intensamente ad un alimento può ridurne il suo consumo.
L'azione (immaginata) di mangiare un certo cibo indurrebbe infatti un fenomeno di abituazione sovrapponibile all'appagamento messo in atto dal cervello per evitare di mangiare troppe porzioni di qualcosa che ci piace.
Carey Morewedge, primo autore dello studio, nel commentare i risultati evidenzia come questa scoperta potrebbe essere utile per approntare metodiche che aiutino le persone a fare scelte di vita più salutari riducendo, ad esempio, il consumo di cibi non sani, droghe e sigarette.

Reference:
Morewedge CK, Huh YE, Joachim Vosgerau J
Thought for Food: Imagined Consumption Reduces Actual Consumption
Science 10 December 2010:Vol. 330 no. 6010 pp. 1530-1533

lunedì 6 dicembre 2010

Benefici dell'attività fisica

Prendendo spunto da una recente review pubblicata sul numero di dicembre dell'International Journal of Clinical Practice elenco di seguito i maggiori  benefici dell'attività fisica nell'uomo.

Una regolare attività fisica è associata ad un ridotto rischio di malattia coronarica e di ictus ischemico ed emorragico.
Aumentare l'attività fisica può ridurre il rischio di alcuni tipi di tumori, osteoporosi, diabete di tipo 2, depressione, obesità e ipertensione.
Vi sono prove degli effetti benefici dell'attività fisica nella prevenzione primaria e nella gestione del cancro e vi è una associazione tra alti livelli di attività fisica e riduzione dei tassi di morte per cancro.
Camminare o andare in bicicletta per almeno mezz 'ora al giorno è associato ad una riduzione di cancro e incrementando l'attività ad un ora l'incidenza del cancro scende del 16 per cento.
In particolare esiste una forte correlazione tra l'aumento dell'attività fisica e la riduzione del cancro al colon e alla prostata. Altri studi dimostrano che iniziare un attività fisica dopo la diagnosi di cancro può favorire la ripresa e migliorare i risultati delle terapie.
Gli uomini che sono fisicamente attivi hanno meno probabilità di avere problemi di erezione.
L'attività fisica può ridurre il rischio di demenza negli anziani.
Non fumare, una dieta salutistica e un indice di massa corporea minore di 25 sono gli altri fattori importanti per mantenersi in salute.


Reference:
Alford L. What men should know about the impact of physical activity on their health
International Journal of Clinical Practice Volume 64, Issue 13, pages 1731–1734, December 2010

mercoledì 24 novembre 2010

Malattie cardiovascolari e stile di vita

Sono stati presentati il 15 novembre 2010 all'American Heart Association Scientific Sessions i risultati di due studi, condotti da ricercatoti della Northwestern University, che indicano che lo stile di vita ha un impatto maggiore sul rischio di sviluppare malattie cardiovascolari che essere geneticamente predisposti ad acquisire queste malattie.

Nel primo studio è stato evidenziato che le persone che mantengono uno stile di vita salutistico calcolato su 5 fattori:

  1. basso indice di massa corporea
  2. limitato consumo di alcol
  3. corretta quantità di potassio, calcio, fibre e un basso apporto di grassi saturi
  4. partecipazione ad un regolare esercizio fisico
  5. astensione dal fumo

hanno il 60% di possibilità di avere un basso profilo di rischio di malattie cardiovascolari dopo 20 anni. Tale percentuale scende al 37% per coloro che mantengono 4 fattori, al 30% per 3 fattori, al 17% per 2 e al 6% per uno o nessuno.

Nel secondo studio i ricercatori hanno evidenziato che nella maggior parte dei soggetti lo sviluppo delle malattie cardiovascolari è causato da fattori legati allo stile di vita e solo una piccola parte è causa dell'eredità.

Che cosa fai e come vivi ha quindi un impatto maggiore dei propri geni, questo dovrebbe responsabilizzare le persone verso uno stile di vita salutistico seguendo ad esempio i 5 fattori prima elencati.

lunedì 15 novembre 2010

Qualità del sonno e infiammazione

Ricercatori statunitensi hanno rilevato che sia una scarsa qualità che una insufficiente durata del sonno sono  legati a più alti livelli di infiammazione, un noto fattore di rischio per malattie cardiache e ictus.
La ricerca presentata al congresso dell'American Heart Association di Chicago è particolarmente significativa in quanto valuta questi parametri da un punto di vista epidemiologico e non in esperimenti di laboratorio con deprivazione del sonno.
La qualità del sonno è stata misurata tramite il Pittsburgh Sleep Quality Index (PSQI) che è un indice che distingue un sonno di cattiva qualità da un buon sonno attraverso la misurazione di sette differenti aree: qualità del sonno soggettiva, difficoltà nell'addormentarsi, abitudini quotidiane, durata del sonno, sonno disturbato, utilizzo di farmaci per dormire e disturbi durante il giorno.
Nei partecipanti allo studio con scarsa qualità del sonno si sono evidenziati livelli più elevati di fibrinogeno, IL-6 e proteina C reattiva.
Parte dei dati sono pubblicati come Meeting Abstracts su Circulation


References:
"Sleep Quality and Duration are Associated with Higher Levels of Inflammatory Biomarkers: the META-Health Study."
Morris A. et al Circulation, 23 November 2010; 122: Abstract: A1 7806

martedì 2 novembre 2010

Bevande zuccherate e rischio di diabete

Ricercatori dell'Harvard School of Public Health hanno condotto una meta-analisi includendo 11 studi che esaminavano l'associazione tra bevande zuccherate, diabete tipo 2 e sindrome metabolica per un totale di più di 300.000 partecipanti.


I risultati mostrano che bere da una a due bevande zuccherate al giorno aumenta il rischio di diabete di tipo 2 del 26% e il rischio di sindrome metabolica del 20% rispetto a coloro che consumano meno di una bevanda zuccherata al mese.


Reference:
V. S. Malik, B. M. Popkin, G. A. Bray, J.-P. Despres, W. C. Willett, F. B. Hu. Sugar Sweetened Beverages and Risk of Metabolic Syndrome and Type 2 Diabetes: A Meta-analysis. Diabetes Care, 2010; DOI: 10.2337/dc10-1079

Articolo su la Voce a cura del nostro gruppo

domenica 24 ottobre 2010

Antidepressivo inefficace e potenzialmente dannoso

Un articolo pubblicato da pochi giorni sul British Medical Journal solleva inquietanti interrogativi sull'efficacia di un farmaco antidepressivo e nel contempo avanza dubbi sulla modalità di pubblicazione dei risultati degli studi sui farmaci.
La ricerca, condotta da studiosi del German Institute for Quality and Efficiency in Health Care, rivela che la reboxetina, un antidepressivo prodotto dalla Pfizer, sarebbe inefficace e potenzialmente pericoloso.
Nell'articolo i ricercatori evidenziano che quasi i tre quarti dei dati sui 4.098 pazienti che hanno preso parte ai trial su reboxetina non sono stati ancora pubblicati.
Secondo i ricercatori tedeschi, diretti da Beate Wieseler e Thomas Kaiser, i dati pubblicati fino ad ora tendono a sovrastimare i benefici e a sottostimare i potenziali pericoli del farmaco.
La prassi di pubblicare solo i risultati positivi degli studi oltre ad essere scientificamente scorretta non consente a medici e pazienti una scelta consapevole.


References:
Eyding D, Lelgemann M, Grouven U, et al. Reboxetine for acute treatment of major depression: systematic review and meta-analysis of published and unpublished placebo and selective serotonin reuptake inhibitor controlled trials. BMJ 2010;341:c4737.


Articolo su la Voce a cura del nostro gruppo

sabato 9 ottobre 2010

La fine della Sibutramina

La compagnia che produce il farmaco, la Abbott Laboratories, ha deciso "volontariamente" di ritirare il prodotto dal mercato Canadese e Americano. E' stata così messa la parola fine ad un farmaco inutile e dannoso.


Drug Safety and Availability FDA Drug Safety Communication: FDA Recommends Against the Continued Use of Meridia (sibutramine)


Vedi il profetico post scritto in settembre

lunedì 4 ottobre 2010

Siamo quello che ricordiamo

Il Nobel Kandel a BergamoScienza
Conferenza del fondatore delle neuroscienze moderne


E. Kandel e E. Boncinelli

Introdotto da Edoardo Boncinelli, Presidente Comitato Scientifico BergamoScienza, Kandel nella sua lectio magistralis ha ripercorso la storia delle neuroscienze dalla frenologia alla biologia molecolare.


Leggi articolo su la Voce a cura del nostro gruppo
Voce - Siamo quello che ricordiamo

sabato 2 ottobre 2010

L'inquinamento aumenta il rischio diabete

Scoperto legame fra polveri sottili e insorgenza di diabete

Lo studio, condotto negli Stati Uniti, si è concentrato sul particolato più fine (conosciuto come PM2.5) a cui già si attribuiscono patologie respiratorie e cardiovascolari. I dati, pubblicati nel numero di ottobre della rivista Diabetes Care, evidenziano un aumento di oltre il 20% nella prevalenza del diabete nelle aree urbane dove la presenza di PM2.5 è maggiore. Il legame fra questa forma di inquinamento e diabete si è mantenuto anche dopo aver rimosso l’influenza di altri fattori di rischio come l’obesità e l’etnia.


References:
J. S. Brownstein, et al. Association Between Fine Particulate Matter and Diabetes Prevalence in the U.S.. Diabetes Care, 2010; 33 (10): 2196


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sabato 25 settembre 2010

L'esercizio aerobico combatte l'insonnia

Una nuova ricetta senza farmaco per un sonno piu' riposante.


Buone notizie per i molti adulti di mezza eta' e anziani che soffrono di insonnia cronica, un problema che interessa circa il 50% di individui in questa fascia di eta'.
Secondo uno studio, pubblicato questo mese sulla rivista Sleep Medicine, un regolare esercizio aerobico migliora la qualita' del sonno, l'umore, la vitalita' e la qualita' della vita.
Lo studio ha coinvolto adulti sedentari con eta' media di circa 60 anni.
L'attivita' fisica aerobica e' stata condotta quattro volte alla settimana per 16 settimane con due sedute della durata di 20 minuti o una seduta di 30 a 40 minuti. I partecipanti hanno lavorato al 75% della loro frequenza cardiaca massima passeggiando a piedi o utilizzando una cyclette o tapis roulant.


References:
Phyllis C. Zee, et al. Aerobic exercise improves self-reported sleep and quality of life in older adults with insomnia. Sleep Medicine, Volume 11, Issue 9, October 2010, Pages 934-940

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sabato 18 settembre 2010

Stile di vita e non staminali per le malattie cardiovascolari. Prevenire è curare.

Questa settimana ho commentato per il quotidiano la Voce la notizia dell'accordo tra l`Harvard Medical School di Boston e l’IRCCS Policlinico San Donato per la creazione di un nuovo laboratorio biochimico per la ricerca sulle cellule staminali per la cura delle patologie cardiache. Per curiosità ho voluto vedere come questa notizia fosse riportata su altri siti e quotidiani, ecco i risultati:
- tutti sottolineavano i grandi progressi della medicina rigenerativa
- tutti evidenziavano le possibilità offerta dalle cellule staminali
- nessuno spendeva una riga per informare sulla vera causa delle malattie cardiovascolari.
Questa tipo di informazione rappresenta una disinformazione. Si viene portati a credere che possa esistere una procedura medica in grado di guarire dalle malattie cardiache come se tutto potesse tornare nella normalità. Non è vero. L'evento cardiaco, nella stragrande maggioranza dei casi, rappresenta la punta di un iceberg di una disfunzione diffusa dell'endotelio la quale può essere corretta solo con uno stile di vita salutistico.





Caldwell B. Esselstyn, Jr., MD
"Il trattamento interventistico e farmaceutico della malattia coronarica si traduce in una significativa mortalità, morbilità e in una spesa insostenibile. Né la procedure chirurgiche, né i farmaci che le accompagnano trattano la causa. Le terapia standard per la malattia coronarica non sono altro che palliativi...
Vi è un consenso diffuso che la dieta occidentale, gli oli trasformati, farina bianca, latte e carne provochino una progressiva disfunzione endoteliale, la diminuzione di ossido nitrico, un aumento delle molecole di adesione vascolare, un aumento della perpermeabilità endoteliale, l'ossidazione delle lipoproteine a bassa densità, la formazione di foam cell, la generazione di specie reattive dell'ossigeno e la rottura della placche con i conseguenti eventi clinici."


Il virgolettato è tratto da un articolo pubblicato questo mese sull'American Journal of Cardiology dal dott. Esselstyn, pioniere del trattamento delle malattie cardiache con la modifica dello stile di vita. Il titolo dell'articolo, volutamente provocatorio, accomuna la terapia attuale delle malattie coronariche alla mastectomia radicale (procedura chirurgica invasiva poi rivelatasi nella maggior parte dei casi inutile).


Esselstyn CB. Is the Present Therapy for Coronary Artery Disease the Radical Mastectomy of the Twenty-First Century? American Journal of Cardiology 106,6,902-904;2010

sabato 11 settembre 2010

Il massaggio influisce sul sistema immunitario ed endocrino

Uno studio condotto da ricercatori del Dipartimento di Psichiatria e Neuroscienze Comportamentali del Cedars-Sinai di Los Angeles mostra che anche una singola seduta di massaggio può avere effetti biologici misurabili.
Soggetti sottoposti a massaggio svedese mostrano un aumento del numero di linfociti circolanti, una diminuzione di ormoni legati allo stress (Arginina-Vasopressina e Cortisolo) e di alcune citochine.
I ricercatori ritengono pertanto che il massaggio potrebbe svolgere un ruolo nell'aiutare le persone a gestire malattie infiammatorie o autoimmuni.


Article in press: Mark Hyman Rapaport, Pamela Schettler, Catherine Bresee. The Journal of Alternative and Complementary Medicine. -Not available-, ahead of print. doi:10.1089/acm.2009.0634.

Articolo su la Voce a cura del nostro gruppo

sabato 4 settembre 2010

Nuove ombre sulla sibutramina

La sibutramina è una sostanza in grado di modificare la chimica del cervello per sopprimere l'appetito.
Nel gennaio di quest'anno l'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha disposto la sospensione di vendita e di utilizzo dei farmaci contenenti questa molecola a causa degli effetti collaterali, specialmente nei pazienti affetti da patologia cardiovascolari.




I dati di uno studio pubblicato questa settimana sul New England Journal of Medicine avvalorano ulteriormente la scelta operata dall'AIFA. Più che i numeri sono però le parole dell'editoriale che accompagna il lavoro scientifico a mettere forse la parola fine all'uso di questo farmaco: "E 'difficile individuare una motivazione credibile per mantenere questo farmaco sul mercato" scrivono infatti tre editors dell'autorevole rivista.


Full article: W.P.T. James and Others Effect of Sibutramine on Cardiovascular Outcomes in Overweight and Obese Subjects. N Engl J Med. 2010;363:905-917, 972-974.


Articolo su la Voce a cura del nostro gruppo



sabato 28 agosto 2010

Camminare mantiene il cervello giovane

Uno studio pubblicato questa settimana sulla rivista Frontiers in Aging Neuroscience dimostra che un'attività fisica aerobica di moderata intensità (camminare al proprio ritmo per 40 minuti tre volte alla settimana) può migliorare la connettività di importanti circuiti cerebrali. E' sufficiente questa leggera attività fisica per combattere il declino delle funzioni cerebrali associate con l'invecchiamento e aumentare le prestazioni in compiti cognitivi. I medesimi effetti non si raggiungono se al posto del camminare si fanno esercizi di stretching e tonificazione muscolare.


Full article:  Voss MW, Prakash RS, Erickson KI, Basak C, Chaddock L, Kim JS, Alves H, Heo S, Szabo A, White SM, Wojcicki TR, Mailey EL, Gothe N, Olson EA, Mcauley E and Kramer AF (2010). Plasticity of brain networks in a randomized intervention trial of exercise training in older adults. Front. Ag. Neurosci. 2:32.


Articolo su la Voce a cura del nostro gruppo



venerdì 27 agosto 2010

Congresso Nazionale Associazioni Urologi Italiani

Il Gruppo di Studio Persona Salute sarà presente in modo significativo al Congresso Nazionale dell'Associazioni Urologi Italiani (AURO) che si terrà a Roma dal 22 al 25 settembre.


La dott.ssa Rossela Radice, Urologa e responsabile dell'area chirurgica del nostro gruppo, oltre ad essere presente con ben quattro lavori sarà anche moderatrice della sessione del congresso: Andrologia e dintorni con particolare focus sui questionari inerenti la Sessualità.
La dott.ssa Antonella Remotti, Psicologa e responsabile dell'area psicologica del nostro gruppo, affiancherà la dott.ssa Radice in due comunicazione incentrate sulle disfunzioni sessuali della donna ed in particolare su di un tema delicato come l'infibulazione.
Il dott. Nicola Alfieri, Medico dello Sport e responsabile dell'area medica complementare del nostro gruppo, affiancherà la dott.ssa Radice in una comunicazione su modificazione dello stile di vita e ipertrofia prostatica benigna.


  • IMPORTANZA DEL METODO CONTRACCETTIVO NEL TRATTAMENTO DELLE DISFUNZIONI SESSUALI IN ETà ADOLESCENZIALE: IN AIUTO IL FEMIDOM - Rossella Radice , E. Gianneo, A. Remotti, G. Conti
  • IL DOLORE SEGRETO NELLA DONNA: DISFUNZIONI SESSUALI POST- INFIBULAZIONE - Rossella Radice , A. Remotti, E. Gianneo, G. Conti
  • IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA: LIFE STYLES MODIFICATIONS VERSUS TERAPIA ALFA-LITICA - Rossella Radice , N. Alfieri, E. Gianneo, G. Conti
  • OSSERVAZIONE DEI COMPLESSI GIUNZIONALI DELL’EPITELIO SUPERFICIALE DELLA VESCICA URINARIA MEDIANTE MICROSCOPIO A SCANSIONE AD ALTA RISOLUZIONE - Rossella Radice, G. Conti, M Rebuzzoni, T. Congiu

Qui potete scaricare il programma definitivo.

martedì 24 agosto 2010

Acqua per dimagrire



L'acqua prima dei pasti può aiutare le persone a perdere peso secondo uno studio presentato a Boston al Convegno nazionale della American Chemical Society. Bere 2 bicchieri della comune acqua del rubinetto circa 20 minuti prima dei pasti fa sentire più sazi, questo porta ad una minor assunzione di calorie e quindi alla perdita di peso.


Articolo su la Voce a cura del nostro gruppo

mercoledì 18 agosto 2010

Come costruire muscoli usando pesi leggeri.

Uno studio pubblicato questa settimana sull'autorevole rivista PloS ONE dimostra che e' possibile costruire muscolo utilizzando dei pesi leggeri. Il segreto sta nell'effettuare un numero di ripetizioni tali da raggiungere l'affaticamento muscolare.


mercoledì 20 gennaio 2010

Restrizione calorica con o senza esercizio. The Fitness versus Fatness Debate

Il vedersi in forma non equivale ad essere in forma. Le apparenze in questo caso possono ingannare (vedere precedente post) 


Una corretta alimentazione da sola può portare a perdita di peso però questo non equivale necessariamente a una "vera salute" o miglior fitness.
Uno studio recentemente pubblicato su
lla rivista ufficiale dell'American College of Sport Medicine ha preso in considerazione 36 adulti in sovrappeso (non obesi) invitandoli a partecipare nel corso di un intervento di sei mesi a uno dei seguenti tre programmi : sola dieta, dieta più esercizio fisico* o un programma-peso di mantenimento (gruppo di controllo). Chi partecipava alla dieta e al programma di mantenimento del peso è stato istruito a non cambiare il regime di attività fisica durante il periodo di sei mesi.
Sebbene sia il gruppo dieta che dieta più esercizio abbiano perso peso durante il corso dello studio (circa il 10 per cento del peso corporeo totale) solo gli individui che facevano attività fisica hanno migliorato la loro "salute interna" in aggiunta al loro girovita.
Gli autori commentano che:

"Abbiamo visto il netto miglioramento della fitness cardiovascolare, della pressione sanguigna, della sensibilità all'insulina e dei livelli di colesterolo solo nelle persone che si sono regolarmente cimentate nell'esercizio fisico"

"La perdita di peso è un piacevole effetto ma è il miglioramento interno della salute che è più importante nel lungo periodo".
 I risultati di questo studio ribadiscono pertanto l'utilità di includere l'attività fisica come elemento standard di assistenza sanitaria.

*I partecipanti al gruppo esercizio hanno eseguito un esercizio aerobico
strutturato come camminare, correre o cyclettea - cinque giorni alla settimana per circa 50 minuti ogni sessione.

Enette Larson-Meyer, et al. Caloric Restriction with or without Exercise: The Fitness versus Fatness Debate. Medicine & Science in Sports & Exercise: January 2010 - Volume 42 - Issue 1 - pp 152-159.


sabato 2 gennaio 2010

Le apparenze non ingannano. Aspetto giovanile: una chiave per vivere più a lungo

In uno studio recentemente pubblicato sul BMJ Kaare Christensen e colleghi della University of Southern Denmark hanno valutato 1.826 gemelli di età 70 e + conducendo una batteria di prove fisiche e cognitive, nonché esami del sangue per misurare la lunghezza dei telomeri. I registri di morte sono stati utilizzati per monitorare la sopravvivenza dei gemelli nel corso di un periodo di sette anni. Un gruppo di valutatori ha valutato i gemelli per la loro età percepita attraverso delle fotografie dei volti dei soggetti. L'équipe ha scoperto che l'età percepita era significativamente associato con la sopravvivenza e la durata della vita. Hanno inoltre scoperto che l'età percepita era in rapporto con il funzionamento fisico e cognitivo, così come con la lunghezza dei telomeri dei leucociti. Inoltre i ricercatori hanno trovato che maggiore è la differenza di età percepita all'interno di una coppia di gemelli tanto più probabile è che il gemello che sembrava più vecchio muoia prima.
Le conclusioni dell'articolo sono
 "L'età percepita, che è ampiamente utilizzata dai medici come indicazione generale di salute di un paziente, è un robusto biomarker di invecchiamento che predice la sopravvivenza tra i soggetti di età ≥ 70 e correla con importanti fenotipi dell'invecchiamento funzionali e molecolari".

Kaare Christensen, Mikael Thinggaard, Matt McGue, Helle Rexbye, Jacob v B Hjelmborg, Abraham Aviv, David Gunn, Frans van der Ouderaa, James W Vaupel.  Perceived age as clinically useful biomarker of ageing: cohort study.  BMJ  2009;339:b5262.