mercoledì 20 gennaio 2010

Restrizione calorica con o senza esercizio. The Fitness versus Fatness Debate

Il vedersi in forma non equivale ad essere in forma. Le apparenze in questo caso possono ingannare (vedere precedente post) 


Una corretta alimentazione da sola può portare a perdita di peso però questo non equivale necessariamente a una "vera salute" o miglior fitness.
Uno studio recentemente pubblicato su
lla rivista ufficiale dell'American College of Sport Medicine ha preso in considerazione 36 adulti in sovrappeso (non obesi) invitandoli a partecipare nel corso di un intervento di sei mesi a uno dei seguenti tre programmi : sola dieta, dieta più esercizio fisico* o un programma-peso di mantenimento (gruppo di controllo). Chi partecipava alla dieta e al programma di mantenimento del peso è stato istruito a non cambiare il regime di attività fisica durante il periodo di sei mesi.
Sebbene sia il gruppo dieta che dieta più esercizio abbiano perso peso durante il corso dello studio (circa il 10 per cento del peso corporeo totale) solo gli individui che facevano attività fisica hanno migliorato la loro "salute interna" in aggiunta al loro girovita.
Gli autori commentano che:

"Abbiamo visto il netto miglioramento della fitness cardiovascolare, della pressione sanguigna, della sensibilità all'insulina e dei livelli di colesterolo solo nelle persone che si sono regolarmente cimentate nell'esercizio fisico"

"La perdita di peso è un piacevole effetto ma è il miglioramento interno della salute che è più importante nel lungo periodo".
 I risultati di questo studio ribadiscono pertanto l'utilità di includere l'attività fisica come elemento standard di assistenza sanitaria.

*I partecipanti al gruppo esercizio hanno eseguito un esercizio aerobico
strutturato come camminare, correre o cyclettea - cinque giorni alla settimana per circa 50 minuti ogni sessione.

Enette Larson-Meyer, et al. Caloric Restriction with or without Exercise: The Fitness versus Fatness Debate. Medicine & Science in Sports & Exercise: January 2010 - Volume 42 - Issue 1 - pp 152-159.


sabato 2 gennaio 2010

Le apparenze non ingannano. Aspetto giovanile: una chiave per vivere più a lungo

In uno studio recentemente pubblicato sul BMJ Kaare Christensen e colleghi della University of Southern Denmark hanno valutato 1.826 gemelli di età 70 e + conducendo una batteria di prove fisiche e cognitive, nonché esami del sangue per misurare la lunghezza dei telomeri. I registri di morte sono stati utilizzati per monitorare la sopravvivenza dei gemelli nel corso di un periodo di sette anni. Un gruppo di valutatori ha valutato i gemelli per la loro età percepita attraverso delle fotografie dei volti dei soggetti. L'équipe ha scoperto che l'età percepita era significativamente associato con la sopravvivenza e la durata della vita. Hanno inoltre scoperto che l'età percepita era in rapporto con il funzionamento fisico e cognitivo, così come con la lunghezza dei telomeri dei leucociti. Inoltre i ricercatori hanno trovato che maggiore è la differenza di età percepita all'interno di una coppia di gemelli tanto più probabile è che il gemello che sembrava più vecchio muoia prima.
Le conclusioni dell'articolo sono
 "L'età percepita, che è ampiamente utilizzata dai medici come indicazione generale di salute di un paziente, è un robusto biomarker di invecchiamento che predice la sopravvivenza tra i soggetti di età ≥ 70 e correla con importanti fenotipi dell'invecchiamento funzionali e molecolari".

Kaare Christensen, Mikael Thinggaard, Matt McGue, Helle Rexbye, Jacob v B Hjelmborg, Abraham Aviv, David Gunn, Frans van der Ouderaa, James W Vaupel.  Perceived age as clinically useful biomarker of ageing: cohort study.  BMJ  2009;339:b5262.