martedì 8 dicembre 2009

Qigong e qualità della vita in pazienti affetti da tumore

Sono molti i pazienti affetti da patologie tumorali che si avvalgono anche di metodiche complementari, fra queste vi sono le ginnastiche mediche cinesi. Un recente lavoro pubblicato sulla prestigiosa rivista Annals of Oncology evidenzia i benefici della pratica del Qigong. Il gruppo di pazienti che oltre alle usuali terapie ha svolto regolarmente questa pratica ha migliorato la qualità di vita complessiva e il proprio umore mentre si sono ridotti gli effetti collaterali dei trattamenti e il quadro infiammatorio con possibilità pertanto di produrre benefici fisici a lungo termine.

Impact of Medical Qigong on quality of life, fatigue, mood and inflammation in cancer patients: a randomized controlled trial.
Oh B. et al. Ann Oncol. 2009 Oct 30.

domenica 6 dicembre 2009

Un evento mai visti prima nella vita di una cellula!

La ricerca pubblicata su Molecular Systems Biology ha analizzato l'attivazione della proteina ERK in real time attraverso l'espressione della ERK-EGF fusion protein in cellule epiteliali mammarie umane. Su stimolazione del EGF è stata osservata una oscillazioni della ERK-GFP fusion protein tra il nucleo e il citoplasma, con una periodicità di circa 15 min.

ERK (Extracellular Regulated Kinase)
GFP (Green Fluorescent Protein)
EGF (Epiderma Growth Factor)

Rapid and sustained nuclear-cytoplasmic ERK oscillations induced by epidermal growth factor. Shankaran H. et al Molecular Systems Biology 5:332


Time-lapsed video of individual breast tissue cells reveals a never-before-seen event in the life of a cell: a protein that cycles between two major compartments in the cell.

domenica 22 novembre 2009

Depressione e infiammazione

Nota da tempo l'associazione depressione - infiammazione rimaneva da valutare chi delle due venisse prima.
Sul numero di ottobre della rivista Brain, Behavior, and Immunity, è stato pubblicato il primo studio che esamina in entrambe le direzioni la connessione fra depressione e infiammazione.
Assodata l'esistenza di una comunicazione bidirezionale fra il cervello e il sistema immunitario è stato indagato se è l'attivazione del sistema immunitario che invia un segnale al cervello per influenzare l'umore e il comportamento, o se è la depressione che attiva il sistema immunitario.
Per fare questo 263 uomini e donne in salute tra i 50-70 anni di età sono stati testati al basale e 6 anni dopo per determinare i livelli di sintomi depressivi e di interleuchina-6.
Risultati. I sintomi depressivi sono associati con un aumento nel tempo di interleuchina-6, una proteina infiammatoria che predice gli eventi cardiovascolari. Al contrario, i livelli di interleuchina-6 non sono collegati ad aumenti in futuro di sintomi depressivi.
La depressione può pertanto portare a infiammazione e l'infiammazione potrebbe essere uno dei meccanismi attraverso i quali la depressione contribuisce al rischio cardiovascolare.

A prospective evaluation of the directionality of the depression–inflammation relationship. Jesse C. et al Brain, Behavior, and Immunity, 23, 7, 2009, 936-944.

martedì 17 novembre 2009

Piramidi alimentari: Mediterranea vs Harvard

Pochi giorni fa è stata presentata la nuova piarmide alimentare mediterranea nell'ambito della III° Conferenza Internazionale CIISCAM e INRAN “La Dieta Mediterranea come Modello di Dieta Sostenibile” (2-3 novembre 2009, Parma, Palazzo Soragna). Questa evoluzione della piramide alimentare presenta, a mio avviso, diversi lati positivi: introduce nuovi concetti come convivialità, stagionalità, prodotti locali; conferma l'importanza dell'attività fisica (come nella piramide di Harvard); è prevalentemente vegetariana. Il mio dubbio è che sia troppo sbilanciata sui latticini e che sia mancato il coraggio di fare una netta distinzione fra cereali integrali e quelli raffinati. In definitiva continuo a preferire quella di Harvard.

PIRAMIDE DI HARVARD (mia traduzione)
sito ufficiale




PIRAMIDE MEDITERRANEA


lunedì 9 novembre 2009

Cibi raffinati vs cibi poco lavorati e rischio di depressione

Un modello di dieta basato su cibi raffinati rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di depressione.
In uno studio condotto condotto su 3.486 soggetti di mezza una maggiore probabilità di sviluppare depressione è risultata essere associata con il consumo di una dieta basata prevalentemente su cibi raffinati (dessert zuccherati, alimenti fritti, carni lavorate, cereali raffinati, prodotti di lattiero-caseari grassi) (OR = 1,58), mentre una dieta basata su cibi integrali e poco lavorati (ortaggi, frutta e pesce) è associata ad una diminuzione del rischio di depressione (OR = 0,74).
MIO COMMENTO
Questi risultati ribadiscono l'importanza della dieta e il suo impatto sui disturbi dell'umore come la depressione. Una volta stabilito questo rapporto rimane però il dubbio che le persone destinate a diventare depresse potrebbero diventare prima inclini a mangiare cibi più raffinati come compenso all'iposoddisfazione. Risulta però corretto attribuire ad una dieta salutistica un effetto protettivo.


"Dietary pattern and depressive symptoms in middle age."
Tasnime N. Akbaraly, Eric J. Brunner, Jane E. Ferrie, Michael G. Marmot, Mika Kivimaki, and Archana Singh-Manoux.
The British Journal of Psychiatry, Nov 2009; 195: 408 - 413.

lunedì 26 ottobre 2009

Tè verde e depressione

In uno studio condotto su più di 1000 anziani giapponesi il maggior consumo di tè verde è risultato essere associato ad una minore prevalenza di sintomi depressivi.
Rispetto ai soggetti che consumano non più di 1 tazza di tè verde al giorno, quelli che consumano 2-3 tazze al dì sono stati trovati avere un OR* di 0,96 e quelli che consumano 4 tazze al dì un OR di 0,56 per i sintomi depressivi.
Pertanto il consumo di una quantità di tè verde > di 4 tazze al dì è protettivo nei confronti dei sintomi depressivi.

Green tea consumption is associated with depressive symptoms in the elderly.
Niu Kaijun et al. Am J Clin Nutr (14 October 2009), ajcn.2009.28216.





* OR = odds ratio (probabilità a favore)
L'odds ratio di un trattamento è il rapporto tra la frequenza con la quale un evento si verifica in un gruppo di pazienti e la frequenza con la quale lo stesso evento si verifica in un gruppo di pazienti di controllo.

venerdì 16 ottobre 2009

Tè verde e distress psicologico

Nuovo studio che mostra gli effetti prottettivi del tè verde sul distress psicologico.
Per chi ha la visione a lungo raggio è facile immaginare la cascata di eventi positivi che può avere una riduzione del disagio psicologico su tutto l'asse psico-neuro-immuno-endocrino e sul sistema nervoso autonomo e pertanto virtualmente su tutti le patologie.

Ecco il sunto dell'abstract.

Anche se il tè verde o i suoi costituenti possono ridurre lo stress psicologico, il rapporto tra consumo di tè verde e disagio psicologico non è stata valutato in uno studio su larga scala.
Scopo era quello di chiarire se il consumo di tè verde è associato con un minore disagio psicologico.
Analisi condotta su 42.093 individui giapponesi di età  ≥ a 40 anni. Informazioni sul consumo di tè verde al giorno, disagio psicologico (Kessler 6-item psychological distress scale ≥13/24) e altri fattori di stile di vita.
Risultati: 2.774 (6,6%) degli intervistati presentava disagio psicologico; dopo analisi statistica per fattori di confondimento possibile è emersa associazione inversa tra consumo di tè verde e di disagio psicologico con dati maggiormente significativi fra il gruppo di consumatori di almeno 5 tazze di tè verde al dì e quello di meno di 1 tazza al dì.
Conclusione: il consumo di tè verde è risultato inversamente associato con disagio psicologico, anche dopo aggiustamento per i fattori di confondimento possibile.

Green tea consumption is associated with lower psychological distress in a general population: the Ohsaki Cohort 2006 Study
Atsushi Hozawa et al.  Am. J. Clin. Nutr. published 30 September 2009

giovedì 8 ottobre 2009

Il consumo di carne aumenta il rischio di cancro alla prostata

Secondo un recente studio condotto su 175.000 uomini quelli che consumano più carne rossa hanno un aumento del rischio fino al 30% di cancro alla prostata rispetto a coloro che ne consumano meno, .
I prodotti trasformati a base di carne rossa elevano del 10% il rischio di cancro alla prostata per ogni 10 grammi di maggior consumo. Inoltre sia il metodo di cottura (grigliate e barbecue) che il contenuto di ferro, eme, nitriti e nitrati per i vari tipi di carne consumata innalzano il rischio.

Sinha R, Park Y, Graubard BI, et al. Meat and meat-related compounds and risk of prostate cancer in a large prospective cohort study in the United States. American Journal of Epidemiology, doi:10.1093/aje/kwp280

lunedì 28 settembre 2009

Giornata mondiale del morbo di Alzheimer

Stili di vita per prevenire e rallentare il decadimento cognitivo.

Leggi l'articolo di Rossella Radice con mia intervista su La Voce


mercoledì 16 settembre 2009

Chiude uno spazio per idee innovative e non omologate

"It is with great regret that I must announce the closure of Bioscience Hypotheses."

Inizia così il comunicato con il quale si annuncia la chiusura della rivista più audace, innovativa e non allineata al pensiero scientifico dominante.
Mi spiace, la consideravo un po' una zona franca, una sorta di "centro-scientifico sociale" dove si mescolavano e amalgamavano saperi di diversa natura per far scaturire nuove idee e stimoli di riflessione.

domenica 13 settembre 2009

Vitamina D per muscoli forti.

La Vitamina D aiuta le ossa e i muscoli.

Le funzioni fisiologiche espletate dalla vitamina D non si limitano al tessuto osseo, questo è un dato di fatto supportato da innumerevoli studi, alcuni dei quali già riportati su questo blog.
Un recente studio, pubblicato sull' Annals of Nutrition and Metabolism, aggiunge un nuovo tassello al network funzionale di questa vitamina. Questo il lavoro in sintesi:

Studio (prospettico, in doppio cieco, controllato con placebo e randomizzato) degli effetti di 6 mesi di supplementazione con calcio e colecalciferolo sui parametri biochimici e la forza muscolare di anziani istituzionalizzati.
Supplementazione di 6 mesi (da dicembre a maggio) di calcio giornalmente e placebo mensilmente ( gruppo calcio/placebo) o di calcio giornalmente più colecalciferolo, 150.000 UI una volta al mese durante i primi 2 mesi, seguiti da 90.000 UI una volta al mese per gli ultimi 4 mesi (gruppo calcio/vitamina D).
Prove muscolari per misurare la forza dei flessori dell'anca e estensori del ginocchio prima e dopo l'intervento di 6 mesi.
Gli anziani NON eseguivano esercizi specifici.

Risultati: mentre il gruppo calcio/ placebo non ha mostrato a 6 mesi alcun miglioramento della forza , nel gruppo calcio/vitamina D la forza dei flessori dell'anca e estensori del ginocchio è aumentata rispettivamente del 16,4% e del 24,6% .

Conclusioni: la supplementazione con colecalciferolo è risultata sicura ed efficace per migliorare i livelli di D e la forza muscolare degli arti inferiori negli anziani, in assenza di qualsiasi pratica di attività fisica regolare.

Treatment of Vitamin D Deficiency Increases Lower Limb Muscle Strength in Institutionalized Older People Independently of Regular Physical Activity: A Randomized Double-Blind Controlled Trial, Moreira-Pfrimer LD, Pedrosa MA, et al, Ann Nutr Metab, 2009; 54(4): 291-300.

mercoledì 26 agosto 2009

Tè antietà

I consumatori di tè hanno una minor età biologica

Un recente articolo pubblicato sul British Journal of Nutrition associa il consumo di tè alla lunghezza dei telomeri (un indice di età biologica*). Lo studio è stato condotto su ca. 2000 cinesi fra uomini e donne con lo scopo di valutare una possibile associazione fra il consumo di diversi alimenti e la lunghezza dei telomeri. I risultati hanno evidenziato che gli uomini che assumono almeno 3 tazze di tè al giorno hanno una maggiore lunghezza dei telomeri corrispondente ad una età biologica inferiore di ca. 5 anni.

Chan R, Woo J, Suen E, et al., Chinese tea consumption is associated with longer telomere length in elderly Chinese men, British Journal of Nutrition, Published online August 12, 2009.

*Ad ogni replicazione i telomeri si accorciano e quando i telomeri sono completamente consumati le cellule sono distrutte (apoptosi). Diversi studi hanno evidenziato che i telomeri sono altamente sensibili allo stress ossidativo e la loro lunghezza può essere un indicatore di invecchiamento biologico.

sabato 8 agosto 2009

Tè verde ed osteoporosi

Un lavoro uscito nel 2007 aveva già destato la mia attenzione in quanto associava il consumo di ad una maggior densità ossea. Lo studio epidemiologico, pubblicato sull' American Journal of Clinical Nutrition (Oct. 2007, Vol 86, pp. 1243-1247), evidenziava nei bevitori abituali di tè una densità ossea superiore del 2,8% (un valore tutt'altro che trascurabile e comparabile all'effetto di alcuni farmaci per l'osteoporosi).
Ora ricercatori della Università Cinese di Hong Kong hanno dimostrato in laboratorio come l'epigallocatechina (ECG), uno dei componenti attivi del tè verde, sia in grado di favorire la mineralizzazione ossea attraverso una duplice azione. L'ECG infatti è in grado sia di stimolare l'attività degli osteoblasti (le cellule responsabili della formazione di tessuto osseo) che di inibire quella degli osteoclasti (le cellule responsabili del riassorbimento dell'osso).

Chun Hay Ko, Kit Man Lau, Wing Yee Choy and Ping Chung Leung.

Effects of Tea Catechins, Epigallocatechin, Gallocatechin, and Gallocatechin Gallate, on Bone Metabolism.

J. Agric. Food Chem., Articles ASAP (As Soon As Publishable) Publication Date (Web): August 4, 2009



giovedì 16 luglio 2009

Efficacia di Agopuntura e Omeopatia nella Sindrome del Tunnel Carpale e nella Lombalgia Cronica

Agopuntura e Omeopatia sono le terapie complementari più utilizzate.
In base ai risultati di due distinti studi da poco pubblicati sul Clinical Journal of Pain entrambe queste tecniche si sono dimostrate efficaci nel trattare due fra le più diffuse patologie dolorose.
Nello specifico l'agopuntura è risultata equivalente, e in alcuni casi superiore, all'uso degli steroidi nel trattare la Sindrome del Tunnel Carpale di grado medio-moderato mentre l'omeopatia è risultata efficace nell'alleviare i sintomi della lombalgia cronica riducendo l'uso dei farmaci tradizionali e del ricorso al servizio sanitario.

Acupuncture in Patients With Carpal Tunnel Syndrome: A Randomized Controlled Trial

Yang CP, Hsieh CL, Wang NH, Li TC, Hwang KL, Yu SC, Chang

The Clinical Journal of Pain:
May 2009 - Volume 25 - Issue 4 - pp 327-333

May 2009 - Volume 25 - Issue 4 - pp 334-339

sabato 4 luglio 2009

Carotenoidi, anziani e declino velocità nel cammino

Può un vegetale aiutare a camminare?

I carotenoidi sono una classe molto diffusa di pigmenti naturali responsabili del colore giallo arancione rosso di molti vegetali. Gli animali non sono in grado di sintetizzare queste sostanze che devono pertanto essere introdotte con la dieta. Esistono più di 600 tipi diversi di carotenoidi alcuni fra i più conosciuti sono il beta-carotene, la luteina il licopene. Le proprietà salutistiche di questi composti fitochimici sono note da tempo e spaziano dalla protezione della cute all'attività antitumorale. Sul J Nutr Health Aging del mese di marzo 2009 è pubblicato uno studio che evidenzia come una alimentazione ricca di questi pigmenti sia protrettiva nel riguardo dell'insorgenza della disabilità nella popolazione anziana legata al declino della velocità del cammino. In sintesi gli anziani che consumano più frutta e verdura e pertanto hanno una concentrazione sierica di carotenoidi più elevata presentano un minore declino delle performance motorie (velocità del cammino).

Alipanah N, Varadhan R, Sun K, Ferrucci L, Fried LP, Semba RD. Low serum carotenoids are associated with a decline in walking speed in older women. J Nutr Health Aging. 2009 Mar;13(3):170-5.

giovedì 2 luglio 2009

Non sono i carboidrati che fanno ingrassare.

E' ormai assodato da innumerevoli studi che una dieta prevalentemente vegetariana sia quella da un punto di vista salutistico migliore. Aggiungo per chiarezza che questo tipo di dieta, che si avvicina di molto a quella mediterranea (originale), deve basarsi su cibi vari, di stagione e consumati il più vicino possibile al loro stato naturale (integrali).
Due lavori recentemente pubblicati sul
Journal of the American Dietetic Association Volume 109, Issue 7, Pages 1125-1316 (July 2009)
mi permettono di chiarire ulteriormente i dubbi che molti hanno verso questo tipo di dieta in quanto accusata di essere troppo sbilanciata sui carboidrati.

Nel primo lavoro
“Carbohydrate Intake and Overweight and Obesity among Healthy Adults
Anwar T. Merchant, Hassanali Vatanparast, Shahzaib Barlas, Mahshid Dehghan, Syed Mahboob Ali Shah, Lawrence De Koning, Susan E. Steck”

è stata valutata l'associazione fra consumo di carboidrati e obesità. I risultati sono che diete a basso contenuto di carboidrati (< del 47% dell'energia derivata da carboidrati) fanno aumentare il rischio di obesità o sovrappeso. Diete con una percentuale di carboidrati fra il 47% e il 64% sono invece associate a minor rischio.

Nel secondo articolo
Development of Symptomatic Cardiovascular Disease after Self-Reported Adherence to the Atkins Diet Ted D. Barnett, Neal D. Barnard, Tim L. Radak
viene riportato il caso di una persona sana che dopo che aver adottato la Dieta Atkins, che evita i carboidrati e favorisce i cibi grassi ha sviluppato colesterolo elevato, aterosclerosi e disfunzione erettile. In un mese, il suo colesterolo LDL ( "cattivo") è salito da 85 mg a 154 mg/dl ed ha concluso questo “esperimento” di dieta poco felice in un pronto soccorso a causa di un dolore toracico causato da un blocco quasi totale di una delle arterie coronarie. Per fortuna due mesi dopo la sospensione della “low-carbohydrate diet” i suoi problemi di salute si sono risolti.

Questi dati avvalorano ulteriormente l'approccio dietetico ribadito più volte in questo blog e che adotto nella mia pratica clinica.

martedì 30 giugno 2009

Tumore del pancreas e grassi animali

Secondo i dati provenienti da un ampio studio prospettico che ha coinvolto più di mezzo milione di persone il consumo di grassi saturi provenienti da carne rossa e prodotti lattiero caseari è associato ad una maggior incidenza di tumore del pancreas (ricordo che questo tipo di neoplasia è una delle più aggressive e con mortalità elevata). In sintesi gli uomini e le donne che consumano grandi quantità di grassi animali mostrano rispettivamente un tasso maggiore del 53% e 23% di casi di cancro pancreatico rispetto a coloro che consumano meno grassi.

Thiébaut ACM, Jia L, Silverman DT, et al. Dietary fatty acids and pancreatic cancer in the NIH-AARP Diet and Health Study. J Natl Cancer Inst. 2009;101:1001-1011.

sabato 6 giugno 2009

Bassi livelli di viatmina D e sviluppo di tumori

E' la perdita di capacità delle cellule di comunicare fra loro, piuttosto che una mutazione, la causa dell'esordio di un tumore?

Che le funzioni della vitamina D siano molteplici è una cosa che ho già riportato in precedenti interventi. Un recente lavoro in corso di pubblicazione sull'Annals of Epidemiology ad opera di uno dei massimi esperti mondiali su questa vitamine pone le basi per una nuova visione dell'origine dei tumori. La correlazione tra bassi livelli di vitamina D e alcuni tipi di neoplasia è una cosa nota, sono oltre 200 gli studi epidemiologici che lo dimostrano. Ma ora, l'epidemiologo Cedric Garland, propone che sia proprio la carenza di vitamina D e calcio il primum movens per la dedifferenziazione cellulare che porta alla nascita del tumore. L'origine sarebbe un difetto di comunicazione fra le cellule causato dalla perdita di adesività indotta da bassi livelli di viatmina D e ioni calcio extracellulari. Le cellule una volta che non sono più in grado di comunicare le une con le altre perdono la loro differenziazione tornando ad uno stadio simil-staminale acquisendo così una delle caratteristiche proprie di questa fase che è presente anche nelle cellule tumorali, l'anarchia. La comunicazione tra le cellule è infatti indispensabile ad un sano turnover cellulare.
Questo nuovo modello di carcinogenesi può essere riassunto dall'acronimo
DINOMIT
Disjunction (loss of intercellular communication),
Initiation (in which genetic mutations begin to be involved)
Natural selection of the most rapidly reproducing cancer cells
Overgrowth,
Metastasis, and two dormant states known as...
Involution and...
Transition.

La massima che ricavo è la seguente: a partire dalle interazioni sociali fino ad arrivare a quelle cellulari l'isolamento, la scarsa comunicazione e la povertà degli scambi nuocciono gravemente alla nostra salute.

lunedì 18 maggio 2009

Fruttosio, comportamento alimentare e obesità

Caramelle avvelenate.

Molti prodotti destinati ai più giovani si vantano di utilizzare fruttosio anzichè glucosio come dolcificante. Nell'ambiente più illuminato in tema di nutrizione sono note da tempo le molteplici virtù negative del fruttosio ma prima che ciò diventi di pubblico dominio passerà lo stesso arco di tempo che è intercorso per i grassi idrogenati, per i coloranti e per i conservanti ecc. Come spesso accade le storie si ripetono e le persone sembrano non imparare dai propri errori.

Un interessante articolo da poco pubblicato pone le basi biochimiche del perchè il fruttosio non è così "dolce" come sembra.



Il riferimento biblio è questo:

Lane et al. Effect of glucose and fructose on food intake via malonyl-CoA signaling in the brain. Biochemical and Biophysical Research Communications, 2009; DOI: 10.1016/j.bbrc.2009.02.145

Questo è il sunto in italinglese :-)

Nel cervello la malonyl-CoA ha un importante funzione di controllo e di modulazione dell'equilibrio energetico. Il glucosio negli animali superiori, a causa del suo ruolo centrale nel metabolismo, agisce come principale indicatore dello stato energetico globale. Nuclei specializzati dell'ipotalamo sono in grado di monitorizzare il livello di glucosio nel sangue e di inviare ai centri cerebrali superiori dei segnali per regolare l'alimentazione, l'energia spesa e il comportamento in funzione dei livelli glicemici percepiti. Quando il livello di glucosio che entra nel cervello aumenta, l'assunzione di cibo è soppressa. Le informazioni sullo stato energetico innescato dal glucosio vengono trasmesse attraverso mediatori ipotalamici come l'AMPK e la malonyl-CoA, al sistema dei neuropeptidi orexigenici / anorexigenici che determino il senso di fame e il dispendio energetico. Il metabolismo centrale del glucosio attraverso la via glicolitica genera ATP il quale induce una diminuzione compensatoria del livello di AMP e dell'attività del AMPK. L'abbassamento dell'AMP aumenta l'attività catalitica dell'enzima acetyl-CoA carboxylase, e quindi il livello del suo prodotto di reazione, la malonyl-CoA. L'effetto della malonyl-CoA sul sistema dei neuropeptidi anorexigenic-orexigenic è quello di sopprimere l'assunzione di cibo. A differenza del glucosio il metabolismo centrale del fruttosio aumenta l'assunzione di cibo. Questo effetto paradosso si ha perché il fruttosio aggira il tasso limite delle reazioni glicolitiche attraverso una reazione rapida che richiede ATP e che ne provoca un improvviso esaurimento con la conseguenza di un aumento compensativo di AMP. Così il fruttosio ha l'effetto opposto rispetto al glucosio sul sistema di segnalazione AMPK / malonyl-CoA e di conseguenza sul comportamento alimentare. Il metabolismo del fruttosio nel cervello aumenta pertanto l'assunzione di cibo, ciò crea un maggior rischio di obesità. Questi dati sollevano preoccupazioni in materia di sanità in vista del grande e crescente consumo pro capite di fruttosio come edulcoranti, soprattutto nei giovani.





mercoledì 13 maggio 2009

Apprendimento associativo a livello unicellulare


Conferme alla mia ipotesi

Nel noto esperimento di Pavlov il cane impara ad associare il suono di una campana con l'odore di cibo. Può una tale capacità associativa essere estesa agli organismi unicellulari? Un articolo da poco pubblicato sul Journal of the Royal Society Interface risponde al quesito in modo affermativo. Un batterio sarebbe pertanto in grado di apprendere la correlazione di due stimoli prevedendo ad esempio l'arrivo di una sostanza nociva dalla comparsa in precedenza di un altro segnale chimico e quindi di anticipare la produzione di sostanze finalizzate alla sua protezione. Questo è un tipico comportamento allostatico che, come avevo ipotizzato nel mio articolo pubblicato su Bioscience Hypotheses, può essere esteso anche a livello unicellulare.


Fernando, C. T, Liekens, A. M.L, Bingle, L. E.H, Beck, C., Lenser, T., Stekel, D. J, Rowe, J. E (2009). Molecular circuits for associative learning in single-celled organisms. J R Soc Interface

mercoledì 6 maggio 2009

Le calorie non sono tutte uguali

Same same but different

La frutta a guscio (in particolare mandorle e noci) dovrebbe rientrare in ogni regime nutrizionale per le sue proprietà salutistiche. Purtroppo è ancora insita l'idea che le calorie apportate da questi alimenti siano troppo elevate rispetto ai benefici.

Uno studio da poco pubblicato sullo Scandinavian Journal of Clinical and Laboratory Investigation ha paragonato due gruppi di adulti che consumavano, in aggiunta alla loro dieta normale, un extra calorico paria a 20 calorie per Kg di peso corporeo al giorno. In un gruppo l'extra calorico era rappresentato da arachidi e nell'altro da dolciumi ricchi di zuccheri semplici. Dopo due settimane nel primo gruppo il peso non è aumentato in maniera significativa, la circonferenza della vita non è cresciuta mentre il metabolismo basale è aumento. Nel gruppo dolciumi sia il peso che la circonferenza della vita sono aumentati in modo significativo, il ritmo metabolico non è cambiato ma i livelli di colesterolo LDL sono cresciuti. L'aggiunta dello stessa quantità calorie, ma proveniente da due prodotti molto diversi, non ha quindi lo stesso effetto. Le calorie provenienti dalla frutta a guscio dovrebbero essere comprese in ogni dieta e valutate per le loro peculiarità metaboliche come anche dimostrato da un'altro recente studio che appare sull' American Journal of Clinical Nutrition le cui conclusioni sono:
"
Higher nut consumption was not associated with greater body weight gain during 8 y of follow-up in healthy middle-aged women. Instead, it was associated with a slightly lower risk of weight gain and obesity. The results of this study suggest that incorporating nuts into diets does not lead to greater weight gain and may help weight control."

Claesson AL, et al. Two weeks of overfeeding with candy, but not peanuts, increases insulin levels and body weight. Scand J Clin Lab Invest. April 2009

Bes-Rastrollo M, et al. Prospective study of nut consumption, long-term weight change, and obesity risk in women. Am J Clin Nutr April 2009

sabato 25 aprile 2009

Dieta e mortalità, il fattore qualità.

Un corretto regime alimentare parte dalla qualità dei cibi, questa è la prima cosa che sottolineo quando i pazienti mi richiedono una dieta. Un recente articolo apparso sull' European Journal of Clinical Nutrition avvalora ulteriormente questo approccio. Studiosi del Karolinska Istitutet di Stoccolma hanno preso in considerazione una coorte di più di 40.000 persone, seguite per quasi 8 anni, che avevano risposto ad un questionario in merito alle abitudini alimentari. L'analisi prevedeva la valutazione dell'assunzione di 36 cibi raccomandati (13 ortaggi, 6 frutti, 7 prodotti a base di cereali, 5 tipi di pesce e frutti di mare, 3 prodotti lattiero-caseari a basso tenore di grassi , frutta a guscio e l'olio d'oliva) e 16 cibi non raccomandati (3 prodotti a base di carne rossa , 5 prodotti trasformati a base di carne, 3 prodotti lattiero-caseari ad alto contenuto di grassi, pane bianco, dolci, patate fritte, maionese e gelati). L'analisi dei dati ha evidenziato come gli uomini con un consumo di 28 o più alimenti raccomandati, da 1 a 3 volte al mese, hanno un tasso di mortalità per qualsiasi causa inferiore del 19 per cento e un tasso di decesso cardiovascolare inferiore del 29 per cento rispetto agli uomini che si cibano con alimenti poco raccomandati. Fra le persone che assumono cibi poco raccomandati quelli con un consumo più alto e frequente hanno un ulteriore aumento di più del 2o% del rischio di mortalità rispetto agli uomini che assumono gli alimenti sconsigliati in misura meno frequente.
Secondo gli autori dello studio non solo la frequenza di assunzione ma anche la varietà dei prodotti alimentari sani è importante per il benessere. Questa è un'altra cosa che sottolineo sempre ai miei pazienti, il passaggio da una dieta monotona (dove i medesimi cibi si ripetono ogni giorno) ad una dieta circolare (dove vi è una rotazione di cibi salutari) apporta sempre benefici perché vi è da un lato minor rischio di deficit di micronutrienti e dall'altro minor rischio di accumulare sostanze tossiche.

Kaluza J; Håkansson N; Brzozowska A; Wolk A
Diet quality and mortality: a population-based prospective study of men.
European journal of clinical nutrition 2009;63(4):451-7.

mercoledì 22 aprile 2009

Omega 3 e stress operatorio

Terapia immunonutrizionale perioperatoria

Il successo di un intervento chirurgico non è determinato unicamente dall'atto chirurgico in se ma anche dal periodo che lo precede (preoperatorio) e da quello che lo segue (postoperatorio). In particolare la corretta gestione del postoperatorio dopo interventi maggiori assume un importanza fondamentale per la pronta guarigione e il recupero funzionale. Uno dei problemi più frequenti è la rapida perdita di massa muscolare che è causata nell'immediato dal rilascio di mediatori dell'infiammazione e dello stress. Un recente articolo, pubblicato sulla rivista Annals of Surgery, aggiunge un ulteriore tassello al management nutrizionale del pre-post operatorio. I ricercatori hanno valutato l'effetto di una supplementazione di Omega 3 (EPA) nei 5 giorni precedenti e 21 successivi ad un intervento di esofagectomia. L'assunzione di soli 2,2 grammi di EPA si è dimostrata in grado di prevenire la perdita di massa muscolare e di ridurre in modo significativo i marker infiammatori (TNFα, IL-10, IL-8).

Ryan, A., J.V. Reynolds, L. Healy, M. Byren, J. Moore, N. Brannelly, A. McHugh, D. McCormack, and P. Flood, Enteral Nutrition Enriched with Eicosapentaenoic acid (EPA) Preserves Lean Body Mass Following Esophageal Cancer Surgery: Results of a Double Blinded Randomized Controlled Trial," Ann. Surg. 249:364--365 (2009).

giovedì 16 aprile 2009

Il consumo di Tè riduce il rischio di Ictus e Diabete

L'ictus cerebrale è la seconda causa di morte nel mondo (5,4 milioni di vite all'anno) e rappresenta la patologia più invalidante con costi per la società elevatissimi (che si stimano per il periodo 2005-2050 superiori a 2 trilioni di dollari nei soli Stati Uniti).

Una recente meta-analisi, basata su dati provenienti da diversi studi per un totale di 195.000 persone, mostra un evidente effetto protettivo del consumo regolare di tè. Le persone che consumano almeno 3 tazze di tè al giorno (non è importante se nero o verde) hanno il 21% in meno di rischio di subire un ictus. Questi dati, che gli autori auspicano siano verificati da un trial clinico randomizzato, dovrebbero comunque incoraggiare le persone a raggiungere la soglia minima di consumo (visti anche gli innumerevoli effetti positivi legati al consumo di tè*).

Per correttezza segnalo che lo studio è stato supportato dal “Lipton Institute of Tea” e condotto dall' University of California, Los Angeles (UCLA). Personalmente ritengo comunque che siano più affidabili i dati provenienti da studi supportati da istituti di questo tipo che, pur avendo un interesse in un determinato campo, non hanno il monopolio dell'oggetto dello studio, cosa che avviene invece per le case farmaceutiche.

Green and Black Tea Consumption and Risk of Stroke. A Meta-Analysis," Arab L, Liu W, Elashoff D, Stroke, 2009 Feb 19



* segnalo ad esempio questo recentissimo studio che dimostra un effetto protettivo del consumo di té sul diabete nella popolazione anziana.

Long-term tea intake is associated with reduced prevalence of (type 2) diabetes mellitus among elderly people from Mediterranean islands: MEDIS epidemiological study," Panagiotakos DB, Lionis C, et al, Yonsei Med J, 2009; 50(1): 31-8.

venerdì 10 aprile 2009

Zucchero, fibre e rischio diabete tipo 2 in ragazzi in sovrappeso.

Meno zucchero e più fibre

Questo mese la rivista Archives of Pediatrics & Adolescent Medicine riporta una serie di articoli legati alle problematiche del diabete e obesità in età giovanile. Fra i vari lavori pubblicati uno di particolare interesse analizza gli effetti di un cambiamento del regime alimentare in ragazzi in sovrappeso. Dopo 16 settimane il 55% dei ragazzi aveva modificato il proprio regime alimentare con la riduzione dell'apporto di zuccheri semplici (quantità equivalente ad una lattina di cola) e l'aumento dell'apporto di fibre (ca. 5 grammi al dì). Questa modificazione è stata accompagnata da una riduzione della secrezione di insulina del 33% e dell'adiposità viscerale del 10% (entrambi fattori di rischio per il diabete tipo 2). I dati confermano da una lato la nota associazione negativa fra grasso viscerale e sensibilità insulinica ma evidenziano pure la possibilità di un cambiamento positivo in un periodo relativamente breve e con uno sforzo limitato in termini di abitudini alimentari.

Ventura E, et al "Reduction in risk factors for type 2 diabetes mellitus in response to low-sugar, high-fiber dietary intervention in overweight Latino adolescents" Arch Pediatr Adolesc Med 2009; 163(4): 320-327.

mercoledì 8 aprile 2009

Omega 3 e complicanze mediche obesità

SANO COME UN PESCE

E' stato recentemente pubblicato sulla rivista FASEB un interessante articolo dove González-Périz e colleghi attraverso una serie di eleganti esperimenti dimostrano che in un modello murino di obesità umana il consumo di omega 3 migliora la sensibilità all'insulina e riduce l'accumulo di grasso patologico del fegato che è associato con insulino-resistenza e obesità. Questi effetti sono mediati da modifiche nella produzione delle sostanze di regolazione del tessuto adiposo (in particolare adiponectina) e attraverso l'up-regolazione, nel tessuto adiposo e nel fegato, dei geni coinvolti nella sensibilità all'insulina e nell'ossidazione degli acidi grassi. L'assunzione degli omega 3 è associata anche con la down-regolazione dell'acido grasso sintasi, un enzima chiave nei processi di lipogenesi nel fegato. Un ulteriore azione degli omega 3 a livello di alcuni meccanismi legati alla beta-ossidazione degli acidi grassi porterebbe ad un aumento della sensibilità all'insulina. Gli omega 3 indurrebbero inoltre nel tessuto adiposo una ridotta produzione di mediatori infiammatori derivati dall'acido arachidonico e un aumento della sintesi di quelli antinfiammatori resolvins e protectins*. Con questi risultati, il tessuto adiposo si unisce all'elenco di tessuti in grado di produrre le molecole antinfiammatorie resolvins e protectins a partire dagli omega 3.

Questi dati nel loro complesso permettono di affermare che una dieta ricca di omega 3 è in grado di ridurre la resistenza insulinica, inibire la produzione di mediatori infiammatori e sopprimere l'infiltrazione patologica di grasso nel fegato (steatosi).

Ana Gonzlez-Priz, Raquel Horrillo, Natlia Ferr, Karsten Gronert, Baiyan Dong, Eva Morn-Salvador, Esther Titos, Marcos Martnez-Clemente, Marta Lpez-Parra, Vicente Arroyo, and Joan Clria. Obesity-induced insulin resistance and hepatic steatosis are alleviated by -3 fatty acids: a role for resolvins and protectins. doi:10.1096/fj.08-125674.

http://www.fasebj.org/cgi/content/abstract/fj.08-125674v1

*Vedi ad esempio il seguente articolo per dettagli su queste due molecole. Novel chemical mediators in the resolution of inflammation: resolvins and protectins. Anesthesiol Clin. 2006 Jun; 24 (2):341-64.

domenica 5 aprile 2009

Brain Pills - Eric Fromm

La ragione sgorga dalla fusione tra pensiero razionale ed emozione. Se le due funzioni sono staccate, il pensiero si deteriora in schizoide attività intellettuale e l'emozione si degrada in passione nevrotica dannosa per la vita.
Eric Fromm

mercoledì 1 aprile 2009

Degenerazione maculare e consumo carne rossa

La vista del "sangue" non fa bene agli occhi

Un recente studio da poco pubblicato sull'American Journal of Epidemiology evidenzia una correlazione fra assunzione di carne rossa e degenerazione maculare senile.
Ad esempio le persone che consumano più di 10 (!) porzioni di carne rossa alla settimana hanno il 50% di probabilità in più che la retina si deteriori con l'età rispetto a chi ne cosuma meno di 5.
L'effetto della carne rossa sarebbe mediato da alcuni composti che potrebbero produrre danni ossidativi ed essere tossici per la retina.

Red Meat and Chicken Consumption and Its Association With Age-related Macular Degeneration
Elaine W.-T. Chong
, Julie A. Simpson, Luibov D. Robman, Allison M. Hodge, Khin Zaw Aung, Dallas R. English, Graham G. Giles and Robyn H. Guymer

American Journal of Epidemiology 2009 169(7):867-876; doi:10.1093/aje/kwn393

lunedì 30 marzo 2009

Carico allostatico psico-metabolico e invecchiamento.

Una recente review pubblicata su Hormones fa il punto della situazione su stress psicologico, stress metabolico e senescenza cellulare.

Lo stress cronico può influenzare la salute umana attraverso una miriade di pathways sia comportamentali che biochimici.
Nella società moderna ci troviamo di fronte sia ad eccessivi stress psicologici che ad una vera e propria epidemia di sovralimentazione. L'insieme di questi due fattori sembra avere effetti sinergici.
Lo stress cronico può portare ad una sovralimentazione, ad una elevazione di cortisolo e insulina, e ad una soppressione di alcuni ormoni anabolizzanti. Questo stato di stress metabolico, a sua volta, promuove l'adiposità addominale. La risposta diretta allo stress e l'accumulo di grasso viscerale possono promuovere un ambiente interno caratterizzato da infiammazione sistemica e stress ossidativo. Questo ambiente biochimico sembra promuovere a sua volta diversi meccanismi che conducono all'invecchiamento delle cellule, questo avviene soprattutto attraverso una riduzione dell'attività delle telomerasi che conduce ad un accorciamento della lunghezza dei telomeri che porta alla senescenza cellulare. L'accorciamento dei telomeri delle cellule immunitarie è collegato con molte malattie croniche e mortalità precoce. Per mezzo di questa via lo stress cronico può influenzare una miriade di malattie attraverso una cascata biochimica che porta alla senescenza delle cellule immunitarie. Alcuni soggetti sono più ad alto rischio per questa evoluzione, ad esempio nel caso di temperamenti psicologici legati a stati d'ansia. L'azione sinergica di interventi psicologici e di terapia nutrizionale (restrizione calorica) potrebbe ridurre la progressione di questa cascata di eventi.

Epel Elissa S
Psychological and metabolic stress: a recipe for accelerated cellular aging?
Hormones 2009;8(1):7-22.

domenica 29 marzo 2009

Il costo della carne rossa. Aumento di mortalità per chi la consuma e inquinamento per tutti.

E' stato da poco pubblicato sulla prestigiosa rivista Archives of Internal Medicine uno studio prospettico su più di mezzo milione di persone (!) che dimostra una associazione diretta fra consumo di carne rosse o lavorata (insaccati, salumi, wurstel) e aumento della mortalità per tutte le cause, della mortalità per cancro e della mortalità per patologie cardiovascolari. Con il consumo di un solo etto di carne al giorno il rischio di mortalità può aumentare di più del 20%.

"For overall mortality, 11 percent of deaths in men and 16 percent of deaths in women could be prevented if people decreased their red meat consumption to the level of intake in the first quintile [one-fifth]. The impact on cardiovascular disease mortality was an 11 percent decrease in men and a 21 percent decrease in women if the red meat consumption was decreased to the amount consumed by individuals in the first quintile,"
"For women eating processed meat at the first quintile level, the decrease in cardiovascular disease mortality was approximately 20 percent."

Ricordando che l'eccessivo consumo di carne è un disastro in termini ambientali (consumo di acqua, pesticidi, antibiotici, scarichi di azoto e fosforo nelle acque di superficie, emissioni di CO2) è da sperare che questi dati conducano ad una alimentazione più ragionevole anche perchè chi vuole rischiare la propria salute non dovrebbe farlo a spese di tutto il pianeta.
Sinha R, Cross AJ, Graubard BI et al. Meat Intake and Mortality: A Prospective Study of Over Half a Million People. Arch Intern Med 2009; 169(6):562-571.

sabato 21 marzo 2009

Zucchero e invecchiamento - Not So Sweet

Premessa
Ridurre l'apporto calorico limitando l'assunzione di glucosio aumenta l'aspettativa di vita in diverse specie. L'eccesso di glucosio può avere effetti deleteri, ma non è chiaro se ciò sia dovuto al contributo calorico del glucosio o a qualche altro effetto. Il Glucosio rilevato dalle cellule attiva un pathways di segnali che, nel lievito, favoriscono la macchina metabolica che produce energia (glicolisi) e favorisce la crescita delle cellule. La rilevazione del glucosio riduce anche la resistenza allo stress e la capacità di vivere a lungo. La domanda che ci si può porre è se il glucosio provoca un effetto pro-invecchiamento, a causa della sua attività metabolica o attivando pathways di segnali?
STUDIO
In un recente articolo apprso su PLoS Genetics si dimostra, per la prima volta, che cellule di lievito che non sono in grado di metabolizzare glucosio ma presentano la capacità di rilevarlo sono sensibili agli effetti pro-aging del glucosio. Le stesse cellule private del recettore che permette la rilevazione del glucosio vivono più a lungo.
CONCLUSIONI dell'autore Professor Rokeach.
"Thanks to this study, the link between the rise in age-related diseases and the over-consumption of sugar in today's diet is clearer. Our research opens a door to new therapeutic strategies for fighting age-related diseases,"


Antoine E. Roux, Alexandre Leroux, Manal A. Alaamery, Charles S. Hoffman, Pascal Chartrand, Gerardo Ferbeyre, Luis A. Rokeach. Pro-Aging Effects of Glucose Signaling through a G Protein-Coupled Glucose Receptor in Fission Yeast. PLoS Genetics, 2009; 5 (3): e1000408
DOI: 10.1371/journal.pgen.1000408




PS
le cellule di lievito a livello basico di funzionamento non sono molto distanti da quelle umane

martedì 17 marzo 2009

Telomeri e multivitaminici

La lunghezza dei telomeri è considerata un marker dell'età biologica.
Gli individui che presentano un maggiore accorciamento dei telomeri sono più soggetti a patologie croniche ed hanno una mortalità più elevata.
In un recente articolo pubblicato online sull'American Journal of Clinical Nutrition si dimostra per la prima volta il riscontro di telomeri più lunghi nei soggetti che fanno uso di multivitaminici.

Results: After age and other potential confounders were adjusted for, multivitamin use was associated with longer telomeres. Compared with nonusers, the relative telomere length of leukocyte DNA was on average 5.1% longer among daily multivitamin users (P for trend = 0.002). In the analysis of micronutrients, higher intakes of vitamins C and E from foods were each associated with longer telomeres, even after adjustment for multivitamin use. Furthermore, intakes of both nutrients were associated with telomere length among women who did not take multivitamins.

Conclusion: This study provides the first epidemiologic evidence that multivitamin use is associated with longer telomere length among women.

Qun Xu, Christine G Parks, Lisa A DeRoo, Richard M Cawthon, Dale P Sandler, and Honglei Chen
Multivitamin use and telomere length in women
Published March 11, 2009; doi:10.3945/ajcn.2008.26986

venerdì 27 febbraio 2009

Vitamina D - novità

Nuovo interessante studio sulle proprietà della vitamina D.

Ruolo della Vitamina D nell'immunita' innata.


Association Between Serum 25-Hydroxyvitamin D Level and Upper Respiratory Tract Infection in the Third National Health and Nutrition Examination Survey
Adit A. Ginde, MD, MPH; Jonathan M. Mansbach, MD; Carlos A. Camargo Jr, MD, DrPH
Arch Intern Med. 2009;169(4):384-390.


In sintesi:
I livelli sierici di Viotamina D sono inversamente associati alle infezioni a carico del tratto respiratorio superiore.
Si può ipotizzare che nei soggetti con patologie respiratorie l'integrazione della vitamina D potrebbe non soltanto ridurre l'incidenza delle infezioni respiratorie, ma anche le riacutizzazioni della malattia.

mercoledì 18 febbraio 2009

Vitamina D

Sono sempre più numerosi gli studi che attribuiscono alla Vitamina D un ruolo importantissimo per il mantenimento della salute. Infatti, oltre alle consolidate funzioni sul metabolismo osseo (prevenzione rachitismo, osteomalacia e osteoporosi), ultimamente sono stati pubblicati diversi lavori interessanti che portano a ritenere che un deficit di questa vitamina sia implicato in:

Malattie cardiovascolari
Giovanucci E. 25-Hydroxyvitamin D and Risk of Myocardial Infarction in Men: A Prospective Study. Arch Intern Med. 2008;168(11):1174-1180
Conclusion: Low levels of 25(OH)D are associated with higher risk of myocardial infarction in a graded manner, even after controlling for factors known to be associated with coronary artery disease.

Diabete tipo 2

Hu FB. Vitamin D and Calcium Intake in Relation to Type 2 Diabetes in Women. Diabetes Care 29: 650-656
CONCLUSIONS— The results of this large prospective study suggest a potential beneficial role for both vitamin D and calcium intake in reducing the risk of type 2 diabetes

Tumore alla prostata

Bao BY. Protective role of 1, alpha-25-dihydroxyvitamin D3 against oxidative stress in nonmalignant human prostate epithelial cells. International Journal of Cancer 2008; 122(12): 2699-2706
Together, our results showed that 1,25-VD can protect nonmalignant prostate cells from oxidative stress-induced cell death by elimination of ROS-induced cellular injuries through transcriptional activation of G6PD activity. The antioxidative effect of vitamin D strengthens its roles in cancer chemoprevention and adds to a growing list of beneficial effects of vitamin D against cancer.

Tumore al seno

Mohr SB. Relationship between Low Ultraviolet B Irradiance and Higher Breast Cancer Risk in 107 Countries The Breast Journal. Volume 14 Issue 3 Page 255-260
The dose-response gradient between modeled serum 25(OH)D levels and incidence rates of breast cancer followed a standard inverse dose-response curve. Increasing increments in serum 25(OH)D in the range above 22 ng/mL were associated with incrementally lower incidence rates of breast cancer.

Tumore al polmone

S B Mohr, C F Garland, E D Gorham, W B Grant, F C Garland. Could ultraviolet B irradiance and vitamin D be associated with lower incidence rates of lung cancer? Journal of Epidemiology and Community Health 2008;62:69-74;
Background: This study examines whether insufficient ultraviolet B (UVB) irradiance, a marker of vitamin D inadequacy, might contribute to lung cancer incidence.
CONCLUSIONS: Lower levels of UVB irradiance were independently associated with higher incidence rates of lung cancer in 111 countries.

Depressione

Witte JG. Depression Is Associated With Decreased 25-Hydroxyvitamin D and Increased Parathyroid Hormone Levels in Older Adults. Arch Gen Psychiatry. 2008;65(5):508-512
Conclusion The results of this large population-based study show an association of depression status and severity with decreased serum 25(OH)D levels and increased serum PTH levels in older individuals.

domenica 8 febbraio 2009

Arginina e obesità

Un nuovo studio, pubblicato sul numero di febbraio della rivista Journal of Nutrition, conferma la capacità dell'amminoacido arginina di "modulare" la risposta metabolica indirizzandola verso la crescita muscolare anzichè l'accumolo di grasso. Eloquente è la frase con cui si conclude l'abstract:
"Thus, dietary arginine supplementation shifts nutrient partitioning to promote muscle over fat gain and may provide a useful treatment for improving the metabolic profile and reducing body white fat in diet-induced obese rats."

Wenjuan Jobgen, Cynthia J. Meininger, Scott C. Jobgen, Peng Li, Mi-Jeong Lee, Stephen B. Smith, Thomas E. Spencer, Susan K. Fried, and Guoyao Wu
Dietary L-Arginine Supplementation Reduces White Fat Gain and Enhances Skeletal Muscle and Brown Fat Masses in Diet-Induced Obese Rats
J. Nutr. 2009 139: 230-237.

domenica 1 febbraio 2009

omega 3 e distress psichico

L'importanza di una adeguata assunzione di omega 3 per il mantenimento del benessere è nota da tempo. Ultimamente si fanno sempre più numerosi gli studi che dimostrano come l'EPA e il DHA siano fondamentali per il corretto funzionamento del sistema nervoso centrale. Questa capacità è confermata da un recente studio, pubblicato sul numero di febbraio 2009 dell'American Journal of Clinical Nutrition, che evidenzia come la supplementazione con omega 3 (1,05 g di EPA + 0,15 g di DHA) sia in grado di ridurre il distress psichico dopo 8 settimane in donne non affette da depressione maggiore.
Michel Lucas, Geneviève Asselin, Chantal Mérette, Marie-Josée Poulin, and Sylvie Dodin
Ethyl-eicosapentaenoic acid for the treatment of psychological distress and depressive symptoms in middle-aged women: a double-blind, placebo-controlled, randomized clinical trial
Am J Clin Nutr 2009 89: 641-651.

venerdì 23 gennaio 2009

tecniche di rilassamento mente corpo e obesita'

Il modello allostatico attribuisce la patogenesi dell’ipertensione e delle sindromi metaboliche ad una prolungata esposizione all’ipervigilanza e all’iposoddisfazione. Seguendo questo modello la pratica regolare di esercizi di rilassamento, visualizzazioni positive o tecniche mente-corpo come lo yoga potrebbe avere effetti positivi su queste patologie. Non a caso sono numerosi gli studi che dimostrano l'effetto positivo di queste tecniche sull'ipertensione.

Uno studio pubblicato sul numero di dicembre della rivista Preventive Medicine ha evidenziato che lo yoga e la meditazione possono avere un ruolo decisivo anche per perdere peso e in taluni casi possono addirittura essere più efficaci delle diete ipocaloriche. La ricerca e' stata condotta su 225 donne in sovrappeso suddivise in tre gruppi. Il primo gruppo ha preso parte a corsi di yoga, meditazione e visualizzazione positiva. Il secondo si e' focalizzato sulla dieta e l'esercizio fisico. Il terzo ha ricevuto informazioni su una sana nutrizione. Dopo due anni ciascun gruppo ha raggiunto un buon risultato, non guadagnando peso ulteriormente. Ma il risultato migliore è stato quello messo a segno dal primo gruppo ( rilassamento e meditazione) che, nell'arco dei due anni, ha registrato una perdita di peso medio di 2,5 kg.

Prev Med. 2008 Dec;47(6):593-9. Epub 2008 Sep 11. Sustainability of health and lifestyle improvements following a non-dieting randomised trial in overweight women.Hawley G, Horwath C, Gray A, Bradshaw A, Katzer L, Joyce J, O'Brien S.

Questi dati avvalorano ulteriormente sia l'approccio allostatico che l'utilizzo di tecniche complementari di modulazione del sistema mente-corpo (visualizzazioni positive, ipnosi, agopuntura, biofeedback ecc.)



martedì 20 gennaio 2009

Tè verde e grasso addominale

Un nuovo studio in corso di pubblicazione sul Journal of Nutrition conferma ulteriormente l'utilità delle catechine contenute nel tè verde nella gestione dei pazienti in sovrappeso. I soggetti sono stati divisi in due gruppi, uno assumeva tutti i componenti del tè verde (catechine + caffeina) l'altro di controllo solo una quantità equivalente di caffeina, tutti facevano esercizio fisico. Nel gruppo "té verde" la riduzione del grasso addominale è risultata significatoivamente maggiore rispetto al controllo.
Kevin C. Maki, Matthew S. Reeves, Mildred Farmer, Koichi Yasunaga, Noboru Matsuo, Yoshihisa Katsuragi, Masanori Komikado, Ichiro Tokimitsu, Donna Wilder, Franz Jones, Jeffrey B. Blumberg, and Yolanda Cartwright

J. Nutr. 2009 139: 264-270.


sabato 17 gennaio 2009

Agopuntura e obesità

E' stata da poco pubblicata sull'International Journal of Obesity una review che analizza l'effetto dell'agopuntura nel trattamento dell'obesità. I dati sono tratti da 31 studi controllati e randomizzati per un totale di 3013 persone. Le conclusioni sono che l'agopuntura risulta essere un trattamento efficace nei pazienti obesi. I ricercatori invitano però ad intraprendere ulteriori studi per meglio chiarire il fenomeno in qunto la qualità delle pubblicazioni analizzate non era uniforme.
Int J Obes 2009 Jan 13
Acupuncture for obesity: a systematic review and meta-analysis
Cho SH, Lee JS, Thabane L, Lee J.

martedì 6 gennaio 2009

Tè verde e lipolisi

Sono innumerevoli gli studi pubblicati negli ultimi anni che riguardano le virtù del tè verde. Le proprietà benefiche del tè verde sono da ascriversi principalmenete ai polifenoli in esso contenuti. L' EGCG (EpiGalloCatechinGallato) è il componente quantitativamente più importanete, quello più studiato e quello considerato più attivo. Un recente lavoro in corso di pubblicazione sulla rivista Phytotherapy Research dimostra come le catechine del tè verde inibiscano l'accumolo di lipidi negli adipociti stimolando la lipolisi. Questo lavoro, eseguito in laboratorio, chiarisce ulteriormente l'effetto del tè verde sulla perdita di peso che è dimostrato da numerosi studi in vivo e su uomini.
Lee MS, Kim CT, Kim IH, Kim Y. Inhibitory effects of green tea catechin on the lipid accumulation in 3T3-L1 adipocytes. Phytother Res. 2008 Dec 23.